
Scrivere per resistere. Gino Nardi tra Prato, Africa e Scozia
03/09/2025
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10/09/2025
Grande soddisfazione degli organizzatori per i risultati della nuova mostra sul pratese Gino Nardi, incentrata su diari e lettere legate alla vita personale, agli eventi bellici in nord Africa ed alla prigionia in Scozia.
Intitolata “Scrivere per resistere. Gino Nardi tra Prato, Africa e Scozia. Lettere e diari di guerra e prigionia (1940-1946)”, è stata organizzata a Prato dall’Istituto di studi storici postali “Aldo Cecchi” e dall’Archivio di Stato di Prato, curata da Deborah Cecchi e Chiara Marcheschi, e si è svolta a palazzo Banci Buonamici, in via Ricasoli 25, dal 5 (inaugurazione) all’8 settembre. Sono state esposte pagine dei diari, lettere, cartoline, fotografie, oggetti personali dello stesso Nardi o analoghi a quelli da lui usati e citati nei suoi scritti, come divise, macchine da scrivere, biciclette, moto dell’epoca. Il tutto accompagnato da pannelli esplicativi che richiamavano ulteriori risorse disponibili on-line per approfondimenti. Per l’occasione sono state approntate delle magliette con le frasi coniate per la mostra “Scrivere per resistere / Scrivere per raccontare / Scrivere per ricordare”. ← Inaugurazione, il taglio del nastro |
Gino Nardi
Gino Nardi nasce a Prato il 5 luglio del 1920. La sua famiglia produceva ghiacciaie e mobili da cucina; era molto conosciuta in città. È il primo di quattro figli; successivamente alla dichiarazione di guerra a Francia e Regno Unito (10 giugno 1940), viene definito abile e arruolato nel gennaio 1941.
La sua prima destinazione è Firenze, dove resta, salvo brevi periodi ad Apuania e Pistoia, nel “50° Reparto officina mobile pesante” fino al 15 agosto 1942, data che vede la partenza verso il confine francese. In quel periodo il giovane prova le vere privazioni della vita militare. Lui, che non aveva mai viaggiato, viene trasferito più volte, come scrive alla sua amata Iva: “In questi quindici giorni ho girato Toscana, Emilia, Veneto nel primo viaggio e nel secondo viaggio ho fatto Veneto, Lombardia, Piemonte, come vedi quasi tutta la nostra Italia”. Alla fine dell’ottobre 1942 finisce a Napoli così da imbarcarsi, il 4 novembre, per l’Africa.
La sua esperienza bellica in tale continente si conclude nel maggio 1943 con la resa agli alleati del suo battaglione e la partenza verso i campi di prigionia della Scozia. Una volta arrivato alla meta, complici il deperimento, il clima insalubre e forse un contagio dall’acqua, passa trentanove giorni in ospedale a Tolluch Castle per una probabile forma di colera. Resterà nel Regno Unito fino al febbraio 1946.
La sera del 13 febbraio 1946 la vita ricomincia: riprende il posto nel mobilificio di famiglia e, il 2 settembre successivo, sposa Iva, che non solo l’aveva aspettato, ma l’aveva aiutato a sopportare e superare “la malattia del reticolato”, cioè lo stato di disagio psichico dei soldati costretti alla condizione di prigionieri di guerra. Muore a Prato il 13 febbraio del 2015, esattamente sessantanove anni dopo il suo ritorno.